“Dov'è il pericolo c'è anche la salvezza.” Hölderlin
Quando ci sentiamo in crisi, siamo
abituati a dare la colpa agli altri: qualcuno ci ha fatto del male, nessuno ci
capisce, qualcosa ci ha
nuociuto.
Ed invece ci dovremmo assumere la responsabilità di quello che
facciamo, nel senso etimologico del termine: di una abilità nel dare risposte
adeguate a ciò che ci accade, una respons-ability.
Quando la crisi arriva, è
bene ricordarci che essa porta sempre con sé una chance.
La parola crisi
(krisis) nell’antica Grecia significava, allo stesso tempo, sia pericolo che
decisione e, in modo stupefacente, nell’antica Cina questa espressione era
scritta con un doppio ideogramma dal duplice significato (wei ji): pericolo
e opportunità.
Una crisi, dunque, viene
vista in modo simile sia nella saggezza orientale che in quella occidentale:
ogni crisi ci vuole costringere a prendere delle decisioni e rappresenta una
porta (op-portunus in latino era il vento che riconduceva in porto la nave)
attraverso la quale passare per ritrovare un nuovo equilibrio.
Così, per
esempio, i sintomi delle malattie e ogni disagio psichico non sono solo un
richiamo del passato, da sopprimere, da abbattere come un ostacolo, o una
ferita da cicatrizzare, ma una memoria da ritrovare, un consiglio a mettersi a
nudo davanti ai propri occhi e anche un invito rivolto al futuro ed a porci la
domanda: “Cosa mi sta chiedendo? – A
cosa m’invita? – Verso dove vuol portare la mia riflessione?”
Dunque la parola crisi si
riferisce a quell’estremo, relativo, verso cui la vita ci spinge ed in cui
siamo obbligati a prendere una DECISIONE.
Si verifica una rottura di un
equilibrio raggiunto, stabile, cui segue la necessità di cambiare la propria
visione dei fatti, di modificare uno schema mentale o di comportamento già
sperimentato, perché questi svelano la
loro inadeguatezza di fronte alla situazione presente.
Il pericolo ed il malessere
contengono in sé un’occasione di trasformazione ed allora lo stato di crisi è
un momento di grande apertura al cambiamento (sia affettivo che cognitivo)
verso un più alto livello qualitativo di vita oppure, se non si sfrutta
l’opportunità, destinato a segnare la decadenza attraverso crisi successive
sempre più forti. L’individuo in crisi, pertanto, per crescere
qualitativamente, deve elaborare modalità completamente nuove di approccio
rispetto agli eventi in cui è attore.
La decisione è la cerniera tra la crisi
ed il cambiamento: essa stessa è un cambiamento, come lo è la crisi, il tutto
nell’ambito della processualità.
E’ davvero interessante conoscere come lo Yi Jing, nell’esagramma n° 43, illustri con saggezza che
cosa sia una decisione.
Esagramma 43. 夬Guài
(Kuai).
La decisione. Mostrarsi risoluti.
Aprire un passaggio.
La fermezza apre un varco verso la “souplesse”
(morbidezza, docilità, elasticità).
La vera decisione (dal
latino de-caedere = toglier via) non è mai qualcosa di spontaneo ed istintivo,
ma presuppone un’attenta riflessione in un certo lasso di tempo, unita alla
considerazione delle conseguenze della scelta che si effettua.
Questa scelta, dunque, scarta definitivamente,
“toglie via”, le alternative meno adatte al nostro Tao, quelle che, nella
valutazione, sono meno interessanti o ci offrono meno contatto con la nostra
interiorità, il nostro processo interiore.
Ed è, soprattutto, una scelta che ci
fa uscire dall’esitazione, perché altrimenti la tanta energia rischia di
debordare.
In Guài, la forza si è
talmente accumulata che deve manifestarsi (con parole chiare) attraverso una
decisione, ma canalizzandosi in modo corretto e riflessivo, altrimenti vi è il
rischio di essere superati dal troppo yang (di farsi trasportare da ciò che si
ha da dire o che si vuol fare).
E’ il tipico rischio delle situazioni
in cui siamo sul punto di riuscire: l’ultima mossa è quella più delicata.
Bisogna ben prepararsi e saggiamente trattenersi, dosando la forza senza che la
fermezza ne risulti indebolita.
Non si deve tendere a schiacciare “il
nemico”, interiore oppure oggettivo che sia, perché una dura contrapposizione
va sicuramente a rafforzare proprio ciò che essa cerca di sconfiggere.
Non è il grande accumulo di forza
yang che, di per sé, è garante di realizzazioni: non bisogna, infatti,
confondere la determinazione con l’aggressività, che è frutto di emotività e
pressioni interne.
Per la filosofia dello Yi Jing, una
decisione e un’azione davvero risolute non si basano sulla forza ma sulla
durata, inquadrandosi più correttamente in una concezione di “processo” e di
“efficacia”.
Yi Jing vuol
dire Libro (Jing) dei Cambiamenti (Yi)
Per il cinese l’ideogramma yi, che indica il cambiamento, non ha niente
d’intellettuale: esso è formato semplicemente dalla giustapposizione di due
segni: in alto il sole e sotto la pioggia che cade!
Questo ideogramma non DESIGNA il
cambiamento, lo DISEGNA!
Yi ha tre significati:
1.
concezione contadina
arcaica del succedersi di sole e pioggia e quindi dell’alternarsi delle
stagioni.
2. regolarsi secondo il tempo
atmosferico per seminare e raccogliere.
3. legge fissa: è sicuro che dopo la pioggia ci
sarà il sole e dopo l’inverno la primavera.
Questa è la naturale conclusione cui
tutti possiamo giungere, la trasformazione universale: poiché tutto cambia
continuamente, il cambiamento è la sola legge che non muta, ma che vale sempre e dappertutto.
Fonte: Andrea
Biggio su “La Bussola D’oro”