Candle in the Wind

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11 gen 2012

L'attività spontanea e il senso della vita



L'attività spontanea è libera attività della propria essenza e implica, in termini psicologici, quello che la radice latina della parola, sponte, significata letteralmente: di propria libera volontà. Per attività non intendiamo il «far qualcosa», bensì quell'attività creativa che può operare nelle proprie esperienze emotive, intellettuali e sensuali, e anche nella propria stessa volontà.
Un presupposto di questa spontaneità è l'accettazione della personalità totale, e l'eliminazione della spaccatura tra «ragione» e «natura»; infatti, solamente se l'uomo non reprime parti essenziali del proprio essere, solo se è diventato trasparente a se stesso, e solo se le diverse sfere della vita hanno raggiunto una fondamentale integrazione, l'attività spontanea è possibile.

Essa attira profondamente chiunque non sia talmente arido da aver perduto la capacità di percepirla. In realtà non c'è nulla di più accattivante e convincente della spontaneità, in chiunque la si trovi.
La maggior parte di noi è in grado di notare certi momenti in cui è spontaneo, che sono nello stesso tempo momenti in cui è autenticamente felice. Si tratti della fresca e immediata percezione di un paesaggio, o del sorgere di una verità come risultato della nostra riflessione, o di un piacere dei sensi che non sia filtrato attraverso stereotipi, o dell'insorgere dell'amore per un'altra persona: in questi momenti sappiamo tutti che cosa sia un atto spontaneo, e tutti possiamo intuire che cosa la vita umana potrebbe essere se le esperienze spontanee non fossero così sporadiche e casuali.

In che senso l'attività spontanea è la risposta al problema della libertà?
La libertà negativa (indipendenza) di per sé fa dell'individuo un essere isolato, il cui rapporto con il mondo è remoto e sospettoso, e il cui Io debole è continuamente minacciato.
L’attività spontanea è il solo modo in cui l'uomo può superare il terrore della solitudine senza sacrificare l'integrità del suo essere; infatti nella realizzazione spontanea della propria essenza l'uomo si riunisce al mondo: all'umanità, alla natura e a se stesso.
L'amore è la principale componente di tale spontaneità, non l'amore come dissoluzione della propria identità in un'altra persona, non l'amore come possesso di un'altra persona, ma l'amore come affermazione spontanea della realtà e degli altri, come unione dell'individuo con l'esterno sulla base della conservazione della propria coscienza individuale. Il carattere dinamico dell'amore sta proprio in questa polarità: esso sorge dal bisogno di superare la separazione, porta all'unità, e tuttavia l'individualità non è eliminata.
Il lavoro è l'altra componente: non il lavoro come attività ossessiva per sfuggire la solitudine, non il lavoro come rapporto con la natura che in parte è dominio su di essa e in parte adorazione e sottomissione agli stessi prodotti delle mani dell'uomo; bensì il lavoro come creazione, in cui l'uomo diventa uno con la natura nell'atto del creare. Ciò che è vero dell'amore e del lavoro, è vero di ogni altra forma di spontaneità, si tratti della consapevole percezione del piacere dei sensi o della partecipazione alla vita politica della collettività.

L’azione spontanea afferma l'individualità e nello stesso tempo unisce l'Io agli uomini e alla natura. La fondamentale dicotomia implicita nella libertà - la nascita dell'individualità e il dolore della solitudine - viene dissolta su un piano più alto dall'attività spontanea.
In ogni attività spontanea l'individuo abbraccia il mondo. Non solo la sua essenza individuale resta intatta, ma si rafforza e si consolida.
Infatti l'essere di ciascuno è tanto forte quanto è attivo. Non c'è vera forza nel possesso, sia esso di beni materiali, oppure di qualità spirituali, come i sentimenti o i pensieri. Non c'è forza nemmeno nell'uso e nella manipolazione degli oggetti; ciò che usiamo non è nostro semplicemente perché lo usiamo. Nostro è solo ciò a cui siamo legati dalla nostra attività creativa, si tratti di un oggetto o della relazione con una persona. Solo le qualità che sorgono dalla nostra attività spontanea rafforzano l'identità e formano pertanto la base della sua integrità.
L'incapacità di agire spontaneamente, di esprimere quel che veramente si sente e si pensa, e la conseguente necessità di presentare uno pseudo-io agli altri e perfino a se stessi, sono la radice del sentimento di inferiorità e di debolezza.
Che ne siamo o no coscienti, non c'è nulla di cui ci vergogniamo di più del fatto di non essere noi stessi, e nulla che ci dia più orgoglio o felicità del pensare, sentire e dire quello che davvero è nostro.

Ciò implica che quello che importa è l'attività in quanto tale, il processo e non il risultato. Nella nostra civiltà l'accento batte proprio sulla cosa opposta. Produciamo non per una soddisfazione concreta, ma per il fine astratto di vendere la nostra merce; riteniamo di poter acquistare ogni bene materiale o immateriale comprandolo, e così le cose diventano nostre senza alcuna partecipazione di creatività o consapevolezza da parte nostra nei loro confronti. Analogamente, consideriamo le nostre qualità personali e il risultato dei nostri sforzi come merci che possono essere vendute in cambio di denaro, prestigio e potere. Così l'accento si sposta dall'immediata, naturale, soddisfazione dell'attività creativa, al valore del prodotto finito.
In questo modo, l'uomo perde la sola soddisfazione che può dargli vera felicità - l'esperienza dell'attività del momento presente - e rincorre un fantasma che lo lascia deluso non appena crede di averlo afferrato: quell'illusoria felicità che si chiama il successo.

Se l'individuo realizza sé stesso mediante l'attività spontanea, e in questo modo si mette in rapporto con il mondo, allora cessa di essere un atomo isolato; sia lui che il mondo diventano parti di un tutto organico; egli occupa il suo giusto posto, e così i dubbi su se stesso e sul significato della vita si dileguano.
Questi dubbi scaturivano dal suo isolamento e dal soffocamento della vita; quando egli riesce a vivere non in modo coatto, né da automa, ma spontaneamente, essi scompaiono. Ha coscienza di sé come di un individuo attivo e creativo, e riconosce che c'è un solo significato della vita: l'atto stesso di vivere.
Se l'individuo supera il dubbio fondamentale su se stesso e sul suo posto nella vita, se si riunisce al mondo abbracciandolo nell'atto del vivere spontaneamente, acquista forza come individuo e acquista anche sicurezza.  
È la sicurezza che solo la libertà può dare, e che non ha bisogno di illusioni perché ha eliminato le condizioni che rendono necessarie le illusioni.


Erich  Fromm 

5 commenti:

  1. Un'esegesi sulla spontaneità ragguardevole.
    Mi piacerebbe dire e scrivere tantissimo sulla spontaneità, perché di cose da dire ce ne sarebbero veramente tante, ma voglio evitare di ripetere quello che già hai detto tu.
    La spontaneità è fondamentale, non c'è dubbio, è indispensabile per sentirsi liberi, liberi in tutto: in quello che si fa, in quello che si dice e come lo si dice, in quello che si critica e in quello che si è, poiché non hai diverse maschere da indossare ad ogni festa, per usare una metafora. Purtroppo sappiamo benissimo, che essere completamente spontanei, quindi completamente liberi, è pressocché impossibile.
    Non possiamo dire tutto quello che pensiamo, altrimenti saremmo maleducati, inopportuni, scostumati, e verremmo subito etichettati con questi aggettivi, quindi cercheremo di tenerci dentro cose che avremmo avuto il piacere di dire, o per credibilità oppure per semplice gusto, ma poi c'è qualcosa di tanto alato nel termine, che comincia a creare la prima maschera: 'il buon senso'. Il buon senso non è altro che un filtro regolatore di verità, accuratamente posto tra il tunnel sinaptico che che trasla le parole dal cervello alla bocca, ed è proprio in quel filtro che molte vengono epurate, per cui è un primo ostacolo e cernita della verità.
    Ma è anche vero che non siamo liberi di fare quello che vogliamo, sempre in virtù della totale spontaneità di cui sopra, per cui, se all'autogrill ci venisse in mente di comperare quei super cornetti e mangiarli con mezzo chilo di nutella davanti a tutti, non lo faremo perché appariremo tutti persone poco fini, mentre il 90% di quelli che ti scruterebbero con disgusto, semmai realizassi quell'idea di divorare il super cornetto, lo farebbero come e se non peggio di te. Classico esempio, è come siamo a casa quando siamo soli o quando c'è qualcuno con noi; quando siamo soli facciamo le cose più astruse, non serve che io le dica, ognuno ha le sue, poiché sappiamo che non c'è nessuna bocca a sputare sentenze e giudizi, ed è in quei momenti che siamo totalmente liberi, ovvero quando siamo soli con noi stessi.
    Oppure quante volte vorresti dire a qualcuno che se la tira un po' più del consentito: 'cala da quessa pianta ', modo di dire per invitare a placare il fiume di alterigia che se lo trascina quasi via, ma non possiamo dirlo, perché si accenderebbe un futile fuoco di diverbio ben evitabile voltando lo sguardo da un'altra parte. Un altro esempio è quando ce l'abbiamo a morte con qualcuno, allora gliene diciamo di cotte di crude dentro di noi, ci promettiamo che non appena lo avremmo davanti gli caveremo gli occhi, poi invece, quando ci si presenta davanti, siamo sì nervosi, ma la reazione è molto più ortodossa di quanto avessimo pensato.
    Vorremmo fare tante di quelle cose, che il buon senso, l'essere adulti, la dignità, il rispetto non ci farebbero fare, e credo che questo non voglia dire essere completamente spontanei, già un bel 50% se n'è andato a farsi benedire.
    Tutto il resto della spontaneità, è l'ordinario dell'essere umano nelle sue molteplici sfaccettature che possono essere accettate anziché no, poiché spesso partono a razzo cliché di ogni gusto, colore e fantasia, offese, scherni, per cui tutti ci dobbiamo amalgamare alla massa amorfa che non fa altro che riflettere l'immagine dell'altro in un infinito riflesso di mediocrità ed ipocrisia necessaria e nello stesso tempo spontanea, quindi mi chiedo se siamo più spontanei quando non lo siamo o nel momento in cui ci sforziamo di esserlo. (?)

    Ispy

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  2. E' pur vero che la società odierna non ci concede molto la spontaneità.
    Molte volte siamo soffocati, senza nemmeno rendercene conto.
    E' bruttissimo... io cerco di essere spontaneo sempre (non che me ne accorga, lo faccio e basta: mi accorgo solo dopo, di essere stato spontaneo) :)
    Insomma... forse vivo quasi senza freni (nel limite del consentito), non vorrei però ritrovarmi a sbatterci il muso XD

    Moz-

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  3. Essere spontaneo è la cosa più bella...
    Ma sono sempre rimasta colpita dalla tua vasta erudizione...

    p.s. mio marito purtroppo non è pugliese ma giapponese, e quella famiglia l'abbiamo conosciuta per caso circa 9 anni fa, e la ritengo la mia vera famiglia...

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  4. Ispy, davvero un bel commento, hai posto l'accento sulle famose "convenzioni sociali" che limitano la nostra spontaneità.
    Ma il filosofo tedesco ci mette in guardia dalla libertà ed indipendenza "negative", da quelle forme di individualismo che non ci fanno bene, che ci portano all'isolamento, perchè il loro esplicarsi non ci porta ad abbracciare il mondo e l'altro, ma ce ne allontana.
    L'amore è descritto da Fromm non come possesso dell'altro o dipendenza dall'altro, ma come libera e spontanea unione che tende a superare la separazione insita nell'uomo, facendo salva la propria individualità.
    E' vero che quando siamo soli noi possiamo fare ciò che vogliamo e quindi ci sentiamo "liberi", ma la vera libertà consiste nell'essere noi stessi proprio quando siamo insieme a coloro che amiamo o sul posto di lavoro oppure in una situazione intima.....ma sempre con gli altri.
    Essere liberi di comportarci spontaneamente è difficile in società, per tutti quei motivi che hai detto: il buonsenso, il giudizio altrui, la paura di essere rifiutati impongono così tanti filtri che poco resta dell'originario pensiero creativo, quando esce dalla nostra bocca, passato al vaglio della ragione.
    La tua domanda finale presuppone che siamo maggiormente spontanei proprio quando NON ci sforziamo di esserlo!

    Miki è bruttissimo che le convenzioni sociali limitino la nostra attività spontanea, eppure tu hai notato che sei spontaneo quando NON te ne rendi conto!
    Ci rendiamo conto di essere noi stessi solo DOPO, quando diciamo o facciamo qualcosa senza che essa sia filtrata dalla ragione, dalla paura, questa inseparabile compagna che non ci permette di mostrare il nostro vero Io e ci rende la vita così difficile!
    E' giusto vivere "senza freni" ma il limite del "consentito" deve essere deciso da noi, mai dalla società o dal buon senso o dalla paura di essere giudicati.
    Fromm ha scritto una cosa che mi ha colpito:
    "Che ne siamo o no coscienti, non c'è nulla di cui ci vergogniamo di più del fatto di non essere noi stessi, e nulla che ci dia più orgoglio o felicità del pensare, sentire e dire quello che davvero è nostro."
    Sicuramente mostrare un Io falso agli altri ed a noi è causa di debolezza....ma è vero che ci vergogniamo quando non siamo noi stessi? che siamo orgogliosi di noi stessi quando affermiamo la nostra Verità, al di là del successo, al di là dei concetti di "perdita" e di "guadagno" che ci inchiodano al suolo nell'impedirci di essere liberamente autentici?
    Io mi reputo una persona molto spontanea; nonostante sia cerebrale e difficilmente riesca a "spegnere" la mente, quando mi parla l'istinto vado dritta per la mia strada, senza curarmi del buon senso o delle convenzioni sociali: la mia spontaneità raggiunge anche alti livelli e mi piace che sia così, quel "fuoco" che mi brucia dentro - la mia creatività - va alimentato sempre, ma ancora non posseggo quella "forza" che mi spinga a dire tutto quel che sento dentro, anche quando sento il desiderio di farlo...sono cosciente che devo lavorarci!

    Titti cara, grazie per il tuo apprezzamento, non conoscevo questo passo di Fromm fino a qualche giorno fa...in realtà mi ha trovato lui! :-)
    scusami per essere stata troppo "spontanea", pensavo che chiamando mamma e papà i familiari della puglia, avessi con loro un legame di parentela... è bellissimo: secondo me i legami d'amore in certi casi sono molto più forti di quelli di sangue!

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  5. ma è tratto da fuga dalla libertà?

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